Giorno Zero

Eccoci qui. Giorno zero.

Alla fine è arrivato davvero. Sono in aeroporto, aspetto il mio aereo, pronta a partire.

Pronta? Mi sento tutto meno che pronta, il grande giorno è arrivato e ora come ora ho un magone in gola che a fatica riesco a deglutire.

E’ questo il momento in cui dimostro quanto sono forte e avventurosa, dimostro a tutti come è semplice cambiare prospettiva, come è semplice creare nuove possibilità, come siamo noi ad avere sempre una scelta. Beh si, è tutto vero, ma semplice non è. Però aspettate, non lo avevo mai detto che sarebbe stato semplice.

E’ facile sognare e immaginare (per qualcuno nemmeno questo per giusti e validi motivi), ma di sicuro mettere in pratica quello che si sogna è tutto un altro affare. Provare a cambiare vita? Trovare un modo di lavorare e vivere più soddisfacente? Inventarsi un modo di guadagnare e riuscire allo stesso tempo a vedere tutte le persone a noi care? Si, tutte queste cose dannatamente importanti. E’ questo quello che sto cercando di fare? Si, credo sia questo, o almeno è quello che credevo di fare. Ora so solo che sto partendo da sola per una isoletta sperduta nell’oceano, senza un lavoro, senza sapere la lingua (un po’ di lezioni di babbel ancora non hanno fatto miracoli), lontano da tutti, famiglia, amici e fidanzato.

Già il fidanzato, ricordate quel magone di cui parlavo prima? Ecco quello è colpa sua, o meglio, è colpa mia. Perché dopo aver scoperto che la convivenza con lui andava perfettamente, e che probabilmente è la persona giusta (giusta nel senso che voglio provare a costruire qualcosa con lui negli anni, poi come andrà a finire si vedrà), ho deciso che volevo trovare un modo diverso di lavorare e quindi, come conseguenza ovvia, di partire per la già citata isoletta. Conseguenza ovvia no? Immagino che a questo punto comincerete a pensare che non ho tutte le rotelle a posto. E vi darei anche ragione. La verità è che con lui ci sto bene, davvero bene, e per questo voglio trovare il modo di vivere con lui nella città che non vuole lasciare. Un modo che mi renda soddisfatta di quello che faccio, che mi permetta di avere il potere di decidere come e quando lavorare e così di poter viaggiare per andare a trovare famiglia e amicizie tutte lontane e sparse per il mondo. Per il mondo? Forse no, ma per l’Europa si. Cose ad ora non impossibili, ma molto faticose, che richiedevano sempre un enorme dispendio di energia e giganteschi sensi di colpa. Sto sbagliando? Forse si. Ma in fondo credo di no, se no non sarei qui, giusto? 

Sto mettendo a rischio tante cose, si, ma in fondo si tratta solo di due mesi. Due mesi di pausa dalla vita. Due mesi per capire chi sono e cosa voglio fare nel mondo. So soltanto che ho un fidanzato in una città (che spero riesca a reggere questi due mesi lontani), i genitori in un’altra città e amicizie importanti sparse in quattro stati diversi. Devo solo trovare il modo di mettere tutto assieme. Due mesi per fare questo. 

L’espressione “una pausa dalla vita” l’avevo già sentita. Come se fosse normale aver bisogno di prendersi una pausa dalla propria vita. Non vi sembra assurdo? Se una persona fosse felice e più o meno soddisfatta della sua vita (non dico in estasi ma almeno “un’abbastanza bene”) perché mai dovrebbe avere bisogno di una pausa dalla sua vita. Ma forse è proprio questo il punto, tanti di noi si accontentano di “un’abbastanza bene” perché è complicato cambiare, perché siamo legati a mille vincoli,  perché gli altri si aspettano qualcosa di diverso da noi … perché abbiamo paura. Si abbiamo paura e vi dico che anche io ora qui sto provando tante cose, ma ho anche paura. Ma in fondo cosa sono le nostre paure? Ci mostrano il peggio che può succedere, ci ricordano cosa è importante per noi, ci ricordano per cosa dobbiamo lottare in questo cambiamento. Non mi piace dire che dobbiamo sconfiggere le nostre paure, preferisco pensare che dobbiamo ascoltarle, prenderle per mano e mostragli che noi vediamo anche un’altra via. In fondo loro sono noi e noi siamo loro. Perciò ci capiranno. Non credete?

Solo due mesi, solo due mesi … è questo quello che continuò a ripetermi nella testa per mandare giù il magone. Chissà come mai questo “solo due mesi” ora suona come un’eternità. Lo so che appena sarò arrivata sull’isola e mi sarò abituata a quella vita, due mesi sembreranno un soffio, sembreranno addirittura troppo poco. Chissà perché non siamo mai contenti. Nemmeno quando stiamo realizzando i nostri sogni. Non fraintendetemi, sono contenta, sotto quel cumulo di magone sono molto contenta ed impaurita. Però, mi chiedo chissà come mai il nostro cervello ci fa sempre desiderare qualcosa di diverso da quello che stiamo vivendo, chissà perché. Voglio dire, questo deve essere un errore dell’evoluzione. Non è sicuramente qualcosa di utile, come può esserlo? 

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